180 anni di un cielo a colori su Roma

Anniversario della prima sistematica descrizione cromatica delle stelle visibili ad occhio nudo.

Roma è la capitale dei colori stellari e quest’anno ricorre il 180esimo anniversario di questo suo primato.

Nelle notti stellate di fine autunno del 1843 – esattamente 180 anni fa – il gesuita italiano Benedetto Sestini diede inizio ad un progetto che lo portò letteralmente a dipingere il cielo: per la prima volta al mondo, dal tetto del Collegio Romano e con l’aiuto di un telescopio Cauchoix, cominciò a descrivere i colori di tutte le stelle del cielo visibili ad occhio nudo.

Pur caratterizzando gli astri da sempre, nessuno fino ad allora si era dedicato così sistematicamente al colore di quelle stelle che ogni uomo vide e che riempiono la volta celeste.

Ci si limitava a descrivere le sfumature delle stelle doppie oppure ad elencare le stelline intensamente rosse e ramate: tutti astri insomma visibili singolarmente e osservabili quasi esclusivamente attraverso la mediazione di un telescopio.

È solo con Benedetto Sestini allora, se quelle costellazioni che si potevano sognare esclusivamente in bianco e nero, hanno pian piano cominciato a vedersi a colori:

«Non può essere una sorpresa che il Grande Creatore abbia ritenuto le stelle adatte alla diversità con una tale varietà di tonalità. Al contrario, è pienamente coerente con l’analogia di tutte le sue opere. Dappertutto vediamo la bellezza del colore non meno ricercata della proporzione della forma: e l’aspetto di un prato fiorito nella sua esuberanza di tinte, ci preparerebbe naturalmente ad aspettarci qualcosa di simile negli estesi campi del cielo».

T. W. Webb, Star Colours inThe Student and Intellectual Observer of Science, Literature and Art, Vol. 5, pag.481

Le finalità
Le differenti e contraddittorie descrizioni cromatiche che soprattutto Herschel e Struve avevano fatto fino ad allora, fecero nascere l’idea che il colore delle stelle – di tutte le stelle – potesse letteralmente cambiare, un po’ come avveniva con la loro luminosità.

A prova di questa inaspettata affermazione c’era anche la recentissima pubblicazione di Christian Doppler, intitolata “Sulla luce colorata delle stelle doppie e certe altre stelle del cielo¹”, in cui l’autore sosteneva che il «movimento del corpo luminoso, o quello del corpo illuminato, o quello dell’uno e dell’altro insieme» fossero in grado di causare repentine variazioni cromatiche proprio come sembrava vedersi nelle stelle doppie e proprio come tradizionalmente sembrava fosse avvenuto già in Sirio, da tutti descritta “azzurra”, eppure annoverata tra le stelle “rosse” da Tolomeo e Seneca:

«Chi sa dirmi se il cambiamento che fu avvertito in questa bellissima sia avvenuto anche ad altre o più piccole o meno risplendenti e quindi passate senza che alcun le avvisasse? Io certo non sono lontano dal credere che se Tolomeo ci avesse tramandati i colori di più altre, in più altre vedremmo il fenomeno di Sirio»².

Benedetto Sestini allora, al fine di costruire uno strumento permanente che permettesse di rilevare tali cambiamenti cromatici cominciò a descrivere il colore di ogni stella così da spianare la strada alla comprensione delle cause che li determinano.

Un progetto che portò a termine nel 1847 con la descrizione di 2881 astri e col quale si trovò letteralmente a replicare una volta celeste a colori.

La prima mappa sui colori delle stelle

Da come si deduce dalle sue Memorie, Sestini cominciò questa impresa proprio tra il novembre e il dicembre del 1843 osservando i colori di oltre 150 stelle della costellazione della Lira.

Un primo tentativo che invece di pubblicare sottoforma di una lunga serie di descrizioni, preferì sintetizzare in una vera e propria mappa allegata alla Nota in cui annunciava il progetto.

Prima pagina del testo

Mappa ripubblicata qui probabilmente per la prima volta.

Prima mappa dei colori della costellazione della Lira – Si ringrazia la Biblioteca del dipartimento di Matematica Guido Castelnuovo di Roma

In tale carta in bianco e nero attraverso piccole linee poste sui singoli astri, egli riuscí a segnalare la sfumatura che contraddistingueva ogni stella e a dare così – in una sola occhiata – una prima visione d’insieme sulla distribuzione dei colori nel cielo:

«sebbene il fatto dei colori sia osservazione ormai notissima […] non però ch’io mi sappia, sonsi finora da alcuno, di tali stelle formate mappe nel modo e diversamento da noi tenuto. Si hanno con tal mezzo tutte insieme sott’occhio».

Ad essa seguirono nel 1845 un catalogo con 12 tavole che riproducevano la metà del cielo boreale – ma dove erano presenti solamente 10 stelle della costellazione della Lira – e nel 1847 il completo catalogo con la descrizione dei colori di tutte le stelle del catalogo di Baily.

Il frontespizio delle XII tavole

Un’opera – quella finale – sprovvista purtroppo delle restanti 24 tavole stellari, perché a causa dei moti liberali del 1848 fu costretto a trasferirsi negli Stati Uniti e ad abbandonare il progetto.

Con tale progetto Benedetto Sestini ha cancellato quella patina grigia che ricopriva la volta celeste dall’eternità e come una lenta opera puntinista, ha rivelato i colori di tutte le stelle della volta celeste visibili da Roma. Immensa opera che nelle deboli sfumature delle stelle più luminose come Antares, Betelgeuse ed Arturo si faceva solamente pregustare:

«le [stelle] gialle sono presso a poco la metà delle osservate, più o meno cariche nella tinta, più o meno miste ad altro colore. […] Non così possiamo dire degli altri colori, poniamo del bianco. Il numero di stelle di tal colore paragonato al totale è presso a poco un quinto […]. Lo stesso, benchè con divario minore, dicasi delle stelle arancie, il numero medio delle quali è un po’ superiore alla quinta parte del totale […]. Delle rosse poi e delle azzurre havvene molto poche. […] Posso inoltre render ragione del non avere se non in rarissime volte trovate le stelle di color verde, e sono quindi di parere che alquante stelle azzurrognole e più facilmente le gialle-azzurre che si trovano nel catalogo siano piuttosto verdi».

Il manoscritto delle sue osservazioni conservato alla Georgetown Library

Un cielo stellato a colori
Dopo Sestini, W.S. Franks e i membri delle Coloured Sections della Liverpool Astronomical Society e della British Astronomical Association continuarono a descrivere le sfumature di migliaia di astri luminosi ancora visualmente.

Fu solo con l’arrivo della spettroscopia che si arrivò a misurare scientificamente il colore, a scoprire che sia sostanzialmente costante e soprattutto correlato alla temperatura superficiale dell’astro e alla classe spettrale che lo caratterizza. Tutti parametri che non affievoliscono affatto la poetica consapevolezza di un cielo stellato a colori che Sestini aveva cominciato a dipinge:

«queste osservazioni […] possiamo considerarle come una parte di quell’elemento poetico dell’Astronomia senza un po’ del quale […] dovremmo provare poco piacere nel perseguire una qualsiasi scienza. La mera utilità, quando è priva di bellezza, è di per sé una specie di bruttezza formale […]. Si può ragionevolmente dubitare che, dopo tutto, il valore dello studio scientifico consista tanto nel mero aumento della nostra conoscenza della Natura, quanto [ in …] un apprezzamento più raffinato di ciò che è glorioso e bello negli oggetti che ci circondano».

W. S. F., Colours of Stars, in The Journal of the LAS, Gennaio 1887

Ancora oggi sono molte le persone che si meravigliano quando vengono a sapere che le stelle della volta celeste sono tutte colorate. E lo sono ancora di più quando scoprono che tali sfumature sono quasi l’unico caso in cui gli oggetti del profondo cielo sono davvero visibili a colori e le uniche che l’occhio umano riesce a vedere anche in piena notte in assenza di luce artificiale.

Alcune stelle della costellazione di Orione in ordine di classe spettrale

Quanto è ancora più bello allora, sapere che questi colori siano principio di scienza perché correlati appunto alla chimica e all’evoluzione stellare.

Un misto di poesia e scienza che chiunque può gustare già al binocolo o con un piccolo telescopio e che ora attraverso l’astrofotografia possiamo apprezzare – in una sola occhiata – in ampie zone del cielo, come nei mosaici di tutte le costellazioni a colori che mi sono divertito a costruire:

«Per il dilettante in Astronomia […] cosa può essere più piacevole e interessante della contemplazione di quelle varie tonalità di cui la volta stellata è così abbondantemente adornata? Pensate alle innumerevoli schiere di soli colorati; e al significato nascosto della loro diversità di tinte, il cui segreto è, per ora, dispiegato solamente in modo imperfetto grazie ai meravigliosi poteri dello spettroscopio».

W. S. F., Colours of Stars, in The Journal of the LAS, Gennaio 1887.

Pizzicando le corde della Lira allora, in quelle notti di 180 anni fa Benedetto Sestini ha fatto di Roma il primo palcoscenico su cui veniva rivelato il COLORE del CIELO, la più grande opera musiva di cui siamo tutti ammiratori.

¹ In tedesco Über das farbige Licht der Doppelsterne und einiger anderer Gestirne des Himmels, 1842.

² Le citazioni senza firma sono tratte dalle due Memorie di Benedetto Sestini sui colori delle stelle.

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